Vita associativa

Inzia il percorso di formazione al volontariato internazionale 2014: “Volontariato per l’Empowerment dei Giovani” del VIDES Internazionale

Il nuovo percorso di formazione per il volontariato internazionale 2014 del VIDES Internazionale dal tema: “Volontariato per l’Empowerment dei Giovani” è iniziato!

La scorsa domenica, 10 novembre, a Bologna si è svolta la prima giornata di conoscenza e di orientamento. Hanno partecipato 18 giovani desiderosi di intraprendere la strada della solidarietà attraverso un’esperienza di volontariato internazionale. Tra i partecipanti 6 giovani, membri della grande famiglia VIDES, che hanno raccontato la loro esperienza di volontariato internazionale.

Quest’oggi desideriamo raccontarvi la giornata di domenica attraverso le parole di Antonella, una delle “nuove” volontarie, presente con noi all’incontro.

Buona lettura!

Se Speranza respira ancora

Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell’orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell’egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini”
                                                                    Esiodo, Le opere e i giorni

Ragazze cattive” è il titolo di un articolo di recente comparso su una nota testata giornalistica. Ho buttato giù un’immediata risposta, di sdegno e disappunto, che non ho poi pubblicato: non valeva la pena di controbattere con le parole. Inutili, troppo spesso.
Un ritratto spietato e freddo di ragazze perse, alla disperata ricerca dell’emulazione dei più bassi modelli maschili di violenza, aggressività, arroganza, amore per il male: un ritratto impietoso e scabroso di una femminilità senza più speranza, via di fuga; fatta solo di bieca e inconsapevole reiterazione di comportamenti ispirati ad un assoluto nichilismo, pervasi da un male pervasivo e universale.
Ragazze senza speranza! Così come i loro omologhi maschili! Una generazione senza Speranza! Che poi vuol dire un futuro senza Speranza! Un domani, quello dei nostri figli, senza Speranza!
Ma Speranza non si è involata, insieme a tutti i mali del mondo, quando Pandora ha aperto il vaso.
Speranza si è occultata nelle profondità dell’orcio, al di sotto del bordo dell’orcio. Speranza si è celata, per pietà dell’uomo; perché la sua misericordia -la sua Agape- conosceva i meandri dolci e nascosti dell’animo umano. Sapeva dei tesori occultati nelle pieghe del male, tra le  profondità dei misfatti, negli abissi delle coscienze addormentate, nei baratri dei sonno della ragione.
Speranza, la più tenace tra gli ospiti del grande orcio di Pandora, la più saggia, la più indulgente; la più misericordiosa, la più inalterabile, la più duratura, ben aveva certezza che una pietra fulgida e imperitura era nascosta nelle profondità della terra su cui poggia il cuore degli uomini: ed è per questo che è restata, nei secoli, nei millenni, a carezzare le coscienze e a risvegliarle; a dare nuova linfa ai derelitti, rinnovato vigore agli umiliati, cibo e acqua ai reietti della terra.

Ho visto Speranza ieri, domenica 10 novembre a Bologna, in occasione della prima giornata di formazione per volontari internazionali organizzata dal VIDES internazionale. Un’organizzazione non governativa che da 26 anni diffonde Speranza nelle strade del mondo; apre l’orcio e cerca con  mani mai stanche Speranza, ovunque essa si sia  occultata;  un’associazione che propaga Speranza negli angoli bui del continente; passa lentamente le mani sotto il bordo circolare dell’orcio, inducendo Speranza ad uscire. La diffonde, la dilata, la semina; la instilla nei cuori degli oppressi, nell’animo dei dimenticati. Ma anche nei cuori ispessiti e cinici di chi, apparentemente, ha tutto; nelle coscienze sopite e stordite di chi, ottunderato da un’apparente e illusoria “ricchezza”, ha ristretto, fino a renderli non più estesi di un campo di calcio, i propri orizzonti, i propri sogni, finanche i propri pensieri.
Un gruppo di suore dalla tenacia e la forza morbida e saggia sparse in tutto il mondo; un esercito silenzioso e perseverante che fa di Speranza la più refrigerante delle acque, l’unguento più prezioso per le ferite infette, la sorella più cara e compassionevole delle sorelle.
Ho visto chiaro il volto di speranza e mi sono fatta penetrare dai suoi occhi di diamante, mi sono fatta invadere dalla sua voce soave e potente; mi sono fatta sollevare in altro dalla forza delle sue braccia lunghissime e sottili; dalle sue mani enormi e carezzevoli.
Ieri, circondata da 20 giovani che hanno iniziato il percorso per dedicare, a breve, parte della loro vita a chi ha meno motivo di sperare di noi (ma sarà poi davvero così?) contornata da altrettanti giovani e meno giovani che hanno testimoniato le loro recenti o risalenti esperienze nelle missioni del VIDES Internazionale sparse nei quattro angoli del continente, ho capito che Speranza, in fondo, lascia sempre una mano fuori dall’orcio; fa sempre emergere le dita dal bordo, per deflagrare poi, potente, quando il male prende il sopravvento.

Si, ieri, dopo aver ascoltato i racconti di chi è appena tornato da missioni in Congo, in Benin, in Sud Sudan, in El Salvador; dopo aver visto gli occhi vivi e le voci partecipate di questi giovani che sono convinti di aver “molto più ricevuto, che dato”; di “trovare difficile, davvero difficile ora, andare in vacanza al mare”; questi giovani pulsanti di vita, aperti al mondo, generosi, entusiasti, coraggiosi, umili, vivi, soprattutto vivi;  questi giovani che, a dispetto dell’età, non solo hanno capito, ma hanno fatto propria tutta la profondità delle parole di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi .

Questi giovani mettono in atto, nella loro vita, l’ Agape: quella potente e misteriosa forza dell’amore disinteressato, della misericordia pulsante delle azioni, hanno nei volti lo sguardo di chi sa che “Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore,non mi gioverebbe a niente”; così come sanno, forse anche senza mai averlo letto, che “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. 2 Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla”.

Essi non si vantano, così come “l’amore non si vanta, non si gonfia”; e sanno ancora soffrire, ancora credere ancora sperare , ancora sopportare, così come l’amore che “soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa”.

Ora che sento dire “ noi, con loro, abbiamo condiviso un pezzo di strada; ci siamo scambiati i pesi, donati i talenti, quelli che ciascuno possedeva; abbiamo spartito, diviso, partecipato” noi non andiamo per dare ciò che loro non hanno, ma per contaminarci a vicenda con il bene che è in ognuno di noi”.

Ora mi si spalanca il cuore e penso che questo Paese, così umiliato, così offeso, così calpestato da falsi profeti, da farisei, da potenti che non potrebbero governare un pollaio, da presenzialisti autoreferenziali che, giunti sulla porta del passaggio finale, nulla hanno capito della vita; ora capisco che questo è un Paese  che Speranza non ha dimenticato.

Un Paese nei cui meandri, lontani dalle luci della ribalta, non consumati  da reiterazioni autistiche di frasi vuote e sdrucite, non maleodoranti di bassi e miserrimi interessi personalistici ignari del dolore e della sofferenza, pulsa un cuore giovane e potente. Un cuore di ragazze straordinarie, e non di cattive ragazze; un cuore di ragazzi  giovani determinati; e non mangiati dall’accidia; ragazze e ragazzi dagli orizzonti larghi, per i quali il mondo è davvero un unico spazio e un’unica terra;  ragazzi che si domandano, che progettano, che si impegnano, che agiscono, che si mettono in discussione; che creano, che trascinano, che aggregano, che emozionano. Ragazzi e ragazze che, soprattutto, amano.

Ora che sto tornando da Bologna sorrido, pensando anche alle mie figlie, a tutti i figli di questo nostro oggi, e alla capacità di dilatazione che l’Amore ha in sé.

Ora che sono in treno e guardo fuori questa nostra città abusata, queste periferie dimenticate; ora che sono giunta a stazione Termini e mi guardo intorno e vedo sacchi umani stesi a terra  senza un volto, un nome, una dignità. Non uomini, ma poco più che rifiuti: ignorati, dimenticati, calpestati. Questi uomini e queste donne che sono stati, o forse ancora sono, giovani; li guardo e penso che sì, davvero tutto il male, il vizio, il dolore, la morte; la dissoluzione, l’arroganza, la tracotanza, la superbia, l’ira, l’accidia, la cupidigia, l’avarizia, l’egoismo, l’ignoranza, sono usciti dal vaso di pandora. Che sì, proprio tutti, nessuno escluso, è deflagrato nello scoppio dell’orcio in questo nostro oggi.

Ma se penso ai volti dei ragazzi che stanno tornando a casa, dopo la giornata passata insieme, sento sollevarsi questo velo di incredulo sgomento. Perché so che Speranza volteggia là dove non ci aspettiamo, che spande mani per sollevare, parole per consolare, acqua per dissetare.

So che Speranza è feconda e fertili sono i suoi fianchi. Da essa nasce l’agape e dall’agape la vita”.

Antonella Catini Lucente

 

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