Da Greta, volontaria in Paraguay

27/10/09

volontari13_01Quest’estate, esattamente dal 25 luglio all’8 settembre, ho vissuto un’esperienza di volontariato in Paraguay. Con me c’era anche la mia compagna di viaggio Angela.
È da molto tempo che coltivavo il desiderio di fare un’esperienza come questa, ma non trovavo né il momento adatto per poterlo realizzare, né ero a conoscenza di organizzazioni di volontariato internazionale a cui fare riferimento e affidamento.
Ad ottobre mi sono presa una “pausa di riflessione”, insomma mi sono fermata un attimo a pensare. Dopo aver visto che mi mancavano 4 esami e la tesi di laurea per concludere il terzo anno universitario alla facoltà di Scienze dell’Educazione, ho deciso di mettercela tutta e di non perdere tempo, di preparare gli esami e allo stesso tempo di scrivere la tesi; solo così avrei potuto realizzare il mio sogno!
Non è certo stata una passeggiata, visto che nello stesso tempo avevo cominciato anche a lavorare come insegnante a San Bernardino a Chiari … ma ce l’ho fatta!
Ed è stato proprio a Chiari che è cominciato tutto.
Parlando con Suor Maria Letizia, la direttrice dell’Istituto Salesiano, e confidandoLe la mia intenzione di voler fare un’esperienza di volontariato internazionale, Lei mi ha fatto conoscere il VIDES.
Che cos’è il VIDES? La sigla VIDES sta per: Volontariato, Internazionale, Donna, Educazione e Sviluppo. L’organizzazione è stata fondata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice ed è presente in 14 paesi dell’Europa, 8 paesi dell’Asia, 2 paesi dell’Africa e 13 paesi dell’America del Nord e dell’America Latina.
Il VIDES si batte per la difesa dei diritti umani, in particolare dei bambini, delle donne e dei giovani; per la promozione del volontariato a livello locale e internazionale; per il sostegno a distanza dei bambini e delle loro famiglie e per il protagonismo dei giovani come cittadini attivi e responsabili.
Io e Suor Maria Letizia siamo andate a Milano per farmi conoscere meglio l’organizzazione e, dopo aver ascoltato le parole di Suor Maria Teresa Cocco (anche Lei Figlia di Maria Ausiliatrice, nonché responsabile del VIDES Lombardia), le testimonianze di molti ragazzi, che erano stati in diversi paesi del mondo a svolgere il servizio di volontariato e, soprattutto, dopo aver conosciuto altri ragazzi e ragazze che come me desideravano partire, ho deciso di entrare a far parte dell’organizzazione.
Da ottobre, quindi, ho seguito i corsi di formazione sia a Milano che a Roma (a Roma si trova la sede centrale del VIDES).
Questi corsi sono veramente indispensabili, perché non solo ci preparano psicologicamente alla partenza, ma ci fanno capire nello specifico che cos’è il VIDES, qual è il significato del volontariato, chi è il volontario, l’importanza del rapporto con le altre culture, lo stile educativo che ci ha insegnato Don Bosco, i valori della vita, le tragicità che colpiscono ancora molti paesi del terzo mondo. Grazie a questi incontri si è formato un bellissimo gruppo di 20 ragazze e ragazzi, decisi a partire nelle parti più impensabili del mondo.
È qui a Milano che ho conosciuto Angela, una ragazza di Brescia della mia stessa età, studentessa universitaria alla facoltà di Scienze Infermieristiche. Dal primo incontro siamo diventate molto amiche, abbiamo legato moltissimo ed entrambe abbiamo molte cose in comune.
Non avevamo idea di dove ci avessero destinate a compiere la missione. Per noi il luogo non era di importanza rilevante. La cosa principale per noi era: “condividere un pezzo di strada con i più bisognosi” (in qualsiasi parte del mondo essi si trovino). Ecco che, poco tempo dopo, mi giunse la telefonata di Suor Leonor Salazar, la responsabile mondiale del VIDES, dicendomi che per noi due aveva scelto la meta del Paraguay.
Il viaggio non è stato semplice. Siamo partite da Milano Linate e, prima di giungere ad Asuncion, abbiamo fatto 2 scali: a Madrid e a Buenos Aires.
Ero distrutta, ma allo stesso tempo agitata: morivo dalla curiosità di sapere chi era venuto a prenderci, dove saremmo andate, cosa avremmo dovuto fare.
Fin da subito mi sono resa conto di quanto la città fosse povera e mal ridotta.
Le case erano quasi tutte rovinate, come i negozi, i lampioni della luce, le macchine e gli autobus; ma la cosa che mi ha fatto venire subito la pelle d’oca, è stato il vedere tanti bambini e ragazzini di strada. Siamo rimaste nella capitale solo 3 giorni. Dovevamo subito partire. A Nu Apu’A ci aspettavano tutti!
Il viaggio per raggiungere il collegio, situato nel mezzo della foresta, non è stato semplice.
Dopo 14 ore di autobus siamo arrivate . Non dimenticherò mai quel momento. Subito ci sono corsi incontro una marea di bambini. Tutti che ci prendevano i bagagli e ce li portavano in quella che sarebbe stata la nostra stanza. Erano felicissimi di vederci. Ci hanno preso per mano ed accompagnato in giro per l’ “internado” e fatto conoscere Suor Margarita e Suor Carmen, le due Suore FMA coordinatrici da molto tempo del collegio.
Siamo rimaste a Nu Apu’A 15 giorni. L’impatto con questa realtà non è stato facile e anche le difficoltà non sono mancate.
Il collegio è molto povero e i ritmi delle giornate abbastanza duri.
I bambini e i ragazzini che vivono qui hanno un’età compresa tra i 4 anni e i 18 anni. La maggior parte di loro non hanno uno dei due genitori oppure hanno troppi fratelli e i genitori non li possono mantenere. La lingua parlata è il guaranì e pochi parlano e comprendono lo spagnolo. Tra i ragazzi ci sono anche, in minoranza, dei gruppi di indigeni: Maskoi, Ayorei e Chamacoco.
Le difficoltà principali che ho incontrato qui sono dovute alla mancanza di acqua limpida e di corrente elettrica, ma anche l’alimentazione, che è scarsa e poco ricca. L’acqua che viene usata per bere è quella piovana, mentre quella usata per lavarsi è di colore verde e ha un cattivo odore. Non c’è quindi igiene. Tutti i bambini hanno i pidocchi e sono mal nutriti.
Per non parlare del clima. Il periodo è quello invernale, ma le giornate si alternano da molto fredde a molto calde e ventose. Le zanzare, poi, sono ovunque.
I dormitori, così come la cucina e le aule, sono costruiti con tronchi di palma, attraverso i quali entrano polvere e animali.
Inizialmente, per me, non è stato facile. Poi mi ci sono abituata.
Purtroppo il tempo che abbiamo trascorso con i bambini non è stato moltissimo, a causa della scuola e del lavoro che li impegna la maggior parte della giornata. Ma sfruttando alcune pause di questi orari rigidi e la ricreazione ed il tempo libero, abbiamo trascorso dei bellissimi momenti con loro e ci siamo divertite tantissimo.
Con i bambini abbiamo giocato, passeggiato e chiacchierato, ma anche lavorato. Abbiamo cercato di conoscerli e di stare con loro il più possibile.
Mi ha colpito molto vedere che nonostante la vera povertà, il contesto in cui vivono, le loro storie di vita…sono tutti felici e gioiosi. Hanno sempre il sorriso sulle labbra, i loro occhi riflettono gioia di vivere e la loro gentilezza e generosità è infinita. Mi è dispiaciuto molto lasciare tutti quei bambini anche perché ala fine avevo legato moltissimo con tutti.
La seconda tappa del viaggio è stata Carmelo Peralta.
Qui abbiamo conosciuto 3 suore FMA fantastiche: Suor Maria Conception, Suor Graciela e Suor Eustasia.
Con loro abbiamo svolto molte attività, tra le quali quella principale di conoscere i bambini che hanno il padrino italiano e quelli nuovi che dovranno essere adottati. Abbiamo fatto visita a molte famiglie (non solo di Carmelo, ma anche quelle di Isla Margherita), ai malati, agli anziani e alle donne che avevano da poco partorito.
Ma tra tutte queste cose, l’esperienza che mi ha colpito e che mi ha lasciato un forte segno, è stata quella dell’incontro con gli indigeni Ayorei.
Vivono ancora nella foresta e hanno pochi contatti con la gente del luogo. Comunicano poco e tra di loro parlano un idioma incomprensibile e basato da suoni nasali difficili da pronunciare. Quasi tutti sono analfabeti. Vivono in baracche piccole, sporche e maleodoranti. Le condizioni igieniche in cui vivono sono pessime. Sono molto sporchi e mal vestiti. Per bere e lavarsi utilizzano l’acqua del fiume o quella piovana. La maggior parte di loro ha problemi ai denti, per la mancanza di calcio e vitamine e, praticamente, tutti hanno i pidocchi.
L’attività principale che io e Angela abbiamo svolto qui è stata quella di lavare i bambini, cercare di spidocchiarli il più possibile e tagliargli le unghie.
Non è stato certo semplice, ma la loro felicità nell’averli aiutati ci ha arricchito il cuore.
A Carmelo Peralta ci siamo fermate 15 giorni, poi, siamo ripartite per la capitale.
Anche qui il viaggio non è stato per niente facile; 24 ore di barca e 5 ore di autobus prima di ritornare ad Asuncion.
Una volta giunte in capitale, siamo ripartite per visitare una comunità, a Villarica, di circa 30 bambine con delle storie di vita … inimmaginabili. La maggior parte di loro sono state abbandonate e altre sono state addirittura violentate. Qui abbiamo conosciuto la direttrice della comunità Suor Teresa e 7 volontari spagnoli. Con loro e le bambine abbiamo trascorso dei bellissimi momenti.
Abbiamo giocato, ci siamo fatti delle risate incredibili, abbiamo fatto delle passeggiate per il paesino e, anche qui … la solita igiene personale.
Sono stata contentissima di aver visto anche questa realtà e di aver conosciuto delle ragazzine così speciali.
Erano molto tristi quando siamo dovute ripartire. Avrebbero voluto trascorrere con noi molto più tempo.
Queste sono state le tre tappe principali della nostra esperienza che non scorderò mai per tutta la vita.
Ho ricevuto delle emozioni fortissime e molto profonde. Ho fatto cose che non avrei mai pensato di fare. Ho visto cose che non avrei mai pensato di vedere. Sono cresciuta interiormente. Sono diventata più responsabile riguardo alle scelte da fare e alle situazioni da affrontare. Mi sento più forte di prima e con meno paure.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto, in particolare sul senso della vita.
Ho capito che ci lamentiamo troppo e troppo spesso per cose inutili. Mi sono resa conto di quanto sono fortunata ad avere una famiglia. Ho capito che noi figli diamo per scontato troppe cose, tra le quali il fatto di essere parte della famiglia, ma la realtà è che non sempre è così. È bello apprezzare il fatto di essere circondati da persone che ti vogliono bene ed avere la certezza di poter contare su di loro nel momento del bisogno. Come è brutto e triste essere soli e abbandonati, quando, per superare le difficoltà della vita non puoi contare su nessuno, se non sulle tue sole forze interiori.
Sono davvero contenta di aver fatto questa esperienza e ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno sostenuto per la realizzazione di questo “sogno”.
Grazie.