Risonanze da Piccolo Emanuela – ARGENTINA

emanuela

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Ciao a tutti,
Oggi è un mese esatto che mi trovo in Argentina e vorrei cercare di fare un breve resoconto della situazione.
Sebbene la maggior esigenza di questa struttura sia la presenza di volontari durante la notte negli hogar con i bambini, la disponibilità è totale anche durante il giorno: si passa dal fare il pane all’aiutare in lavanderia, lavorare la terra nell’orto con hermana Santos o andare a visitare le famiglie.
I bambini spesso si ammalano, dalla febbre o semplice raffreddore alla tubercolosi, la scabbia; alcuni soffrono di rachitismo o ritardo mentale e necessitano continuamente di cure e attenzioni, per non parlare delle ferite psicologiche retaggio dell’ambiente familiare. Bene, non so perché ma tutto questo ancora non mi spaventa, anzi la mia sola presenza, il mio hablar raro, l’essere sempre spettinata (perché quando c’è vento qua il pettine é praticamente inutile!), li fa sorridere e io sono contenta anche di poterli aiutare solo in questo. La notte a volte mi chiamano solo per essere sicuri che io ci sono, o tossiscono più forte così che vada da loro a fargli una carezza.
Mi rendo sempre più conto delle piccole attenzioni che gli mancano, delle parole che tutti i genitori dicono ad un figlio ma che loro non sentono mai.
Ll’altro giorno Pato mi ha chiesto di insegnarle a leggere, ma quando le ho chiesto di farmi vedere come legge le lettere si è chiusa e si è arrabbiata con se stessa, allora le ho spiegato che era una bambina molto intelligente e che a poco a poco, con un po di volontà, poteva riuscirci, che non doveva vergognarsi se non ci riusciva, perché non vuol dire che sia meno brava degli altri.
Insomma, ho notato che spesso manca loro la fiducia in se stessi.
E le suore, che sono molto energiche e attive, purtroppo non possono provvedere a ciascun bambino singolarmente (sono 140), anche perché le assistenti degli hogar dovrebbero aiutarli in questo, ma è difficile, l’altro giorno una bambina con suo fratello hanno cercato di scappare, li hanno trovati nella ruta a fare l’autostop.
I problemi che le suore cercano di affrontare sono anche a livello comunitario: organizzano corsi di cucina per insegnare una corretta alimentazione, e anche corsi di cucito.
Cercano di mantenere il più possibile i rapporti con le commissioni di ogni comunità Mapuche, con le quali spesso ci sono divergenze di opinioni riguardo all’evangelizzazione, alla tipologia di scuola (da loro considerata un lusso per pochi eletti) e all’insegnamento della cultura e identità Mapuche.
Inoltre il governo della provincia di Neuquén al quale fa riferimento la struttura e la Accion Social che dovrebbe collaborare nella segnalazione e cura dei bambini più problematici, non facilitano il compito: i fondi scarseggiano, soprattutto per il rifornimento di gas e l’astio per una struttura a carattere semi-pubblico rende i rapporti difficili e tesi.
Per fortuna però si dialoga sempre con molto rispetto cercando dei punti di incontro e la collaborazione è massima anche da parte dei maestri.
Infine un breve accenno al paesaggio: dicono che in Patagonia puoi non incontrare persone per chilometri, ma una volta che ti abitui le distanze si accorciano e dopo un po le case sparse tra i cerros ti sembrano un grande paese, direi delle fiabe visto che per raggiungerle attraversi rigogliosi ruscelli e prati verdeggianti nei quali pascolano pecore, mucche e cavalli.
Insomma, ambientarsi qua è stato più facile di quanto pensassi, merito anche degli stimoli che mi da l’arte di arrangiarsi (perché forse ho omesso di dire che durante il giorno la luce c’è per poche ore, che per muoverci facciamo l’autostop e che per curare i bambini, dovendo razionare le medicine, ricorriamo a rimedi naturali come l’olio caldo per l’otite o il latte con la cipolla per la tosse!).
Bene, spero di poter scrivere più dettagliatamente la situazione nei prossimi giorni. Vorrei aspettare l’andamento delle elezioni per la nuova costituzione per aggiornarvi sulla situazione politica.
Un abbraccio!