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Un nome colato, Savimbi

Written by patrizia

Un personaggio cruciale della storia angolana ampiamente discusso, che richiama una lunga storia di guerriglia e violenza e il cui nome, in questi luoghi, non si pronuncia ad alta voce, quasi fosse un tabù, un segreto da nascondere, dimenticare o, per alcuni, da custodire: Jonas Malheiro Savimbi.

Siamo nella località di Lucusse, nella provincia del Moxico, circa due ore di macchina in direzione sud-est dalla città di Luena. L’auto si ferma nei pressi di un grande albero di mango e, con una certa fretta, il nostro accompagnatore ci indica una lastra di ferro arrugginita, probabilmente il resto di una vecchia porta, su cui qualcuno, chissà quando, scrisse con vernice blu, sbiadita del sole e dal tempo, il nome di Savimbi. Siamo sul luogo dove è stato deposto, dopo essere stato ucciso nel suo rifugio nascosto nella mata, la foresta, dalle forze militari del MPLA. Alcuni raccontano che si sia suicidato dopo aver capito di non avere scampo, ma la versione ufficiale rimane l’assassinio. Quello che ci si para di fronte ricorda piuttosto l’impronta di un ragazzino impertinente, un gesto sbadato, senza valore e alcuna intenzione precisa: un nome scritto in corsivo, velocemente e senza cura, lasciando che alcune gocce di vernice colassero dai confini incerti di una grafia infantile; non sembra  certo un sito storico che dovrebbe ricordare la morte del leader della maggiore fazione ribelle angolana, l’UNITA, che dopo l’indipendenza dal colonialismo portoghese ha trascinato il Paese in una lunghissima lotta intestina contro il partito comunista MPLA.

Usciamo dall’auto accecati dal sole e umidi di sudore. Ci fermiamo sotto l’ombra del mango qualche secondo, osserviamo stralunati questo monumento storico, osserviamo la solitudine giallastra della spianata circostante: poco distante un barettino vuoto, qualche altro albero che sfida la calura e di fianco una lunga strada asfaltata senza insegne né linee di demarcazione, l’unica, quella che attraversa il Moxico per sconfinare nello Zambia.

Richiamati alla realtà dal nostro amico, un fate veloci  a mezza bocca, scattiamo due foto e ci rimettiamo in macchina. Seguiamo ancora per un po’ la strada dritta e uguale per fermarci all’ombra di un altro mango, dove stendiamo due panni colorati e disponiamo il riso con il pollo preparato per il pranzo.

Il nostro compagno che ci ha portato fin qui è un ragazzo cubano che lavora nel Moxico da diversi anni, si chiama Alonzo, è  un bravo meccanico; la sua macchina è ferma aspettando un pezzo di ricambio da Luanda e per accompagnarci ha raccattato un fuoristrada da un cliente importante, un alto esponente del governo provinciale, o semplicemente del partito – difficile infatti distinguere i confini reali fra governo e partito. È una macchina del MPLA, a quanto pare abbastanza riconoscibile: questo giustifica la fretta con cui ci siamo allontanati dal sito. Il padre di Alonzo negli anni ‘80 ha combattuto al fianco dell’esercito del MPLA e da lui ha ereditato tanti racconti di violenza, umanità e cameratismo; chiaramente disdegna il personaggio di Savimbi, ma conosce molto bene questi luoghi con la loro storia e ha accettato di guidarci sulle tracce di questo uomo tanto determinante quanto nefasto.

Prima di partire da Luena ci siamo fermati alla stazione di servizio, dove a volte ci ritroviamo per prendere un caffè. Poco prima di mettere in moto l’auto abbiamo incontrato un amico di Alonzo, un capitano dell’aeronautica militare. Lo conoscevamo già e ci ha salutato con un sorriso. Alla domanda dove siete diretti, il nostro amico ha risposto con un ironico: dove hai lasciato il corpo del tuo compagno. Lui, abbozzando un sorriso infastidito, ci ha lasciati andare. Il capitano, da giovane, ha guidato l’elicottero che trasportò il corpo esanime di Savimbi dalla foresta dove è stato ucciso al grande albero di mango sul ciglio di quella strada che non era stata ancora asfaltata.

Qui nel Moxico, a differenza che in Luanda dove invece da diversi oppositori del governo è celebrato, il personaggio di Savimbi è circondato da un alone di silenzio. A giugno, dopo 17 anni dalla sua morte, il suo corpo è stato riesumato e qui a Luena, dove sono stati firmati gli accordi di pace solo a seguito della sua morte, sono stati celebrati i funerali pubblici: un tentativo del governo di definitiva riconciliazione politica. Ci siamo passati di fronte con l’auto, all’epoca senza capire il silenzio di quella composta adunata. Il suo corpo è stato deposto nel Bié, la sua terra natia, ma il leader dell’UNITA non poteva che essere commemorato ufficialmente qui, nel Moxico dove visse la maggior parte dei suoi lunghi anni di guerra.

Dopo una breve siesta, ammorbati dal rumore dei grilli e di uccelli in lontananza, ci rimettiamo in cammino verso casa. Percorriamo la stessa strada al contrario, un’ultima occhiata alla porta di Savimbi, circondata ora da un gruppo di ragazzi fermi sul ciglio della strada e poco distante una zona delimitata da fili spinati, leggiamo un’insegna, zona minata: forse il vero monumento di questa lunga guerra e del martirio che costò all’entroterra angolano.

Luena, 3 novembre 2019

Benedetta e Raffaella

 

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